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single in quarantena

La vita di noi single in quarantena

Marzo 10, 2020

Fino a “ieri” per molti di noi Zona Rossa era solo sinonimo di un’irritazione delle parti intime, da oggi invece ci siamo tutti dentro (dentro l’irritazione, non dentro le parti intime, purtroppo). E in tutto questo restare a casa, si avverte la spaccatura tra famiglie/coppie e noi single di ventura. I primi, probabilmente si dedicheranno all’antico passatempo, magari da tempo accantonato (con sottofondo di Lucio Dalla che canta “e se è una femmina si chiamerà, Corona”). I secondi, si troveranno a fronteggiare il loro essere soli in maniera più spietata del solito.


Che già ci sembrava innaturale prima, almeno a noi maschietti, avere 37.5 di febbre e dover andare lo stesso a fare la spesa, senza nessuno che ci mettesse le pezze fresche sulla fronte e ci soffiasse sulla pastina in brodo. Figuriamoci ora. Diciamo che questa quarantena saprà rivelarci molto sul come abbiamo imparato a vivere da soli, a stare con noi stessi, e ci farà riflettere anche sul nostro futuro da grandi.

bridget-jonesPerché i single non sono certo tutti uguali: ci sono maschietti e femminucce che già hanno una vita simile a Io sono Leggenda. Esseri capaci di alimentarsi per mesi di patatine, cioccolata, scatole di legumi e ogni sorta di alimento a lunga conservazione. Intestatari di abbonamenti a Netflix, Timvision, NowTv, Sky. Gente abituata a brindare da sola a Natale, Pasqua, Capodanno e dialogare con le piccole e grandi colonie di felini che hanno allevato in casa (presuppongo anche con l’intento di crearsi una riserva di cibo in caso di emergenza). Anime disilluse, che preferiscono coltivare rapporti piccanti su Whatsapp piuttosto che rassegnarsi a mettersi il cappotto e andare al bar a incontrare l’ennesimo/a analfabeta residente nel paese limitrofo. Per loro firmare i pacchi consegnati da Amazon è l’atto più intimo che possano concepire con altri esseri umani, e quando si richiudono la porta alle spalle hanno un po’ di tachicardia e il respiro affannoso.

sex and the cityPoi ci sono quelli che vivono la solitudine in modo opposto e che se dopo il lavoro non infilano aperitivo, cena e discoteca avvertono un nodo alla gola e si sentono angosciati che manco Leopardi accasciato dietro la siepe. Che gli pare che la vita stia fuggendo via senza sfiorarli e si rotolano in agonia come i tossici di Trainspotting, e allora si lanciano in un altra uscita, un altro viaggio, un altro locale. Che hanno una rete sociale che in confronto la tavolata de Le Fate Ignoranti sembra il refettorio di un monastero benedettino.

Sto pensando a tutti gli amori messi da oggi forzatamente in pausa, come quando sugli stereo a cassette degli anni ottanta vedevi il tastone abbassato. Sia quelli dei single sociali, abituati a raccattare intime vicinanze su Meetic e Tinder, pur di non passare la serata da soli. Sia di quelli orsi, che sanno che le loro corrispondenze a distanza probabilmente non reggeranno la quarantena senza la previsione, reale o fantasticata, di un incontro.

E nel frattempo la rassegnazione al virtuale, una pioggia magnetica di telefonate, chat, messaggi, selfie in mutande come immagini di Resistenza, come echi di un mondo che da fuori tenta di entrare in casa nell’unico modo consentito, e senza tossire. Proprio ora che finiva l’inverno e arrivava la primavera, proprio ora che già iniziavamo a pensare alla vacanza estiva e invece rimaniamo intrappolati a rimuginare sul “vecchio”, sull’ultima storia andata (a) male, su quelle ali che stavamo per spiegare di nuovo al vento ma che sono rimaste imbrigliate in una mascherina, che stavolta non è quella della solita Colombina.

Sarà una bella prova, l’ennesima, stare soli in casa ascoltando l’Agnus Dei mentre la famiglia di sopra grida, rumoreggia, mangia e financo scopa. Ma in un certo senso ci siamo abituati, si tratta solo di fare scorte più robuste (alle brutte, ripeto, ci sono sempre i gatti), di accertarsi che non scadano tutti i nostri abbonamenti a fibra, mobile, servizi di streaming, Amazon Prime.

bacio famosoQuando ne usciremo però, forse sarà l’apocalisse della rivoluzione sessuale, un festone tipo caduta del muro di Berlino. E magari manderemo affanculo Tinder, Facebook e Whatsapp, e baceremo con impensato ardore la vicina di casa o la tipa del bar che non abbiamo mai avuto la sfacciataggine di rimorchiare. Forse andremo a ballare anche se non sappiamo farlo, o andremo a messa, alla sagra del paese, al firmacopie e alla gara nei sacchi. Perché magari capiremo, alcuni dopo anni, che di tutta questa quarantena ci siamo rotti i coglioni una volta per tutte. E che forse sarà ora di gettare la maschera, insieme alla mascherina: un metro di distanza? Anche non più, grazie.

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