Oggi a 47 anni, mi dicono che sono un bell’uomo. Non comparirò sulla copertina di Vanity Fair, ma è un responso abbastanza comune. La cosa paradossale è che sono tutt’altro che un narciso: se non lo dicessero gli altri non ci crederei. E ovviamente sono anche distinto, alto, colto, curioso, sensibile e con un portamento decente, ma questo lo sapevo già. La cosa che mi fa sorridere, ed è l’argomento di questo post, è che spesso non abbiamo la minima idea di come possiamo essere percepiti dal mondo esterno, fino a che non ci mettiamo alla prova (leggasi, fino a che non torniamo single).
Gli altri sono sempre migliori?
Oggi per qualche motivo divertente e inspiegabile, piaccio. Con i miei incredibili difetti, piaccio. Col mio essere un personaggio particolare, piaccio. Piaccio anche a target molto diversi da quelli che credevo fossero il mio e la ragione mi è finalmente chiara: gli altri sono spesso degli sfigati e le donne, nel secondo tempo della loro vita, lo hanno finalmente compreso.
Quelli che mi sembravano esemplari maschili di successo, in realtà spesso non lo sono. Da uomo, e quindi da animale ricco di vista ma privo di olfatto, mi fermavo all’apparenza: gente che si sente a suo agio in un locale con gente nuova, bravi ballerini, volti curati e corpi atletici, persone sveglie e dalla battuta pronta, savoir faire e piglio giusto. Io al contrario sono introverso, incapace di discorrere con chi non mi è simpatico, orso nel ballo, al posto degli addominali ho una tartaruga alcolizzata e inciampo volentieri nei marciapiedi.
40 anni non sono the new 20
Ma andando oltre, come le donne sanno fare quando vogliono, vedo allo stesso tempo una schiera infinita di analfabeti, di persone noiose, di anaffettivi senza speranza, di maschi incapaci di evolversi, di cinquantenni ottenebrati dalla figa, di personaggi seriali e ripetitivi, di luci dell’intelletto spente sul nascere, di battute un tempo brillanti ripetute ogni giorno come se avessero l’alzheimer.
Che a 20 anni possono avere il loro perché davanti a un pubblico femminile fatto di tempeste ormonali, di ricerca di affermazione, di belle promesse e di accaparramento del maschio alpha del baretto. Ma che dopo i 40 hanno rotto abbondantemente il cazzo.
E quindi arrivo io, beati monoculi in terra sfigatorum, che pur non lasciandomi dietro una scia di feromoni impazziti, risulto diverso dal già visto e conosciuto, e incuriosisco. E faccio sorridere, e ho gli occhi che ancora sanno ridere, e sono curioso, e non sono fossilizzato sugli schemini del ciulatore mordi e fuggi, e ho un’opinione originale su tutto il mondo conosciuto e sconosciuto. E so ancora volere bene senza trincerarmi dietro la scusa del mondo caino.
Smetterò di piacere se e quando avrò imparato a memoria gli script seduttivi, quando non ci crederò più, quando i miei orizzonti non toccheranno più l’infinito ma si restringeranno alle tacche nei motel o a una vita di coppia di ripiego. E non avrò più niente di speciale da offrire agli altri come a me stesso. Fino ad allora, godiamoci questa happy hour!
Nulla da dire sulle “ragioni del piacere” che hai illustrato: vale senz’altro il monoculi in terra sfigatorum, ma più che un sospetto che il tuo narcisismo sia superiore alla media nazionale, forse anche a quello dei tartarugati.
Probabile, ma non è che ogni volta che rinunciamo a martellarci gli zebedei e abbiamo un rigurgito di autostima però occorre scomodare la parola narcisismo. Una cosa è pensare di non essere perennemente gli ultimi del pianeta, un’altra essere personalità anaffettive che campano succhiando le ferite affettive altrui