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empatia

Empatia: maneggiare con cautela

Marzo 3, 2016

L’empatia è un brutto arnese da gestire. Se ne abbiamo troppa rischiamo di farci male, se ne abbiamo poca, facciamo male agli altri. Tornando single è inevitabile dover fare i conti con questa cosa dell’empatia, perchè sarà uno dei fondamenti del nostro modo di relazionarci con l’altro sesso.


Da Wikipedia: L’empatia è la capacità di comprendere a pieno lo stato d’animo altrui, sia che si tratti di gioia, che di dolore. Empatia significa “sentire dentro”[1], ad esempio “mettersi nei panni dell’altro”, ed è una capacità che fa parte dell’esperienza umana ed animale.

Empatico e non empatico

L’uomo empatico può sembrare favorito nelle relazioni amorose: capisce prima il mood dell’altra persona, riesce a immaginarsi istintivamente il suo background, è capace di percepire la presenza o assenza di desiderio. Di sicuro in un primo rapporto, l’uomo empatico riesce meglio a instaurare confidenza e ad approfondire più rapidamente la personalità della donna.

L’uomo non empatico manca di tutto quanto sopra descritto, ma a suo favore ha l’essere meno condizionato dalla presenza di chi ha di fronte. Questo gli permette di avere dalla sua l’attrattiva di chi va per la sua strada e di chi si dimostra meno disponibile a spendere troppo tempo per comprendere l’altro. Le donne, nonostante dicano il contrario, hanno una vera passione per questa strafottente autonomia, salvo regolarmente pentirsene come sedicenni.

scanners empatiaQuindi empatico e non empatico diciamo che hanno entrambi le possibilità di catturare l’attenzione femminile, e questo ci va bene.

Il problema dell’empatico è quello, una volta buttatosi nel mare pescoso ma velenoso della singlitudine, di non riuscire a mettere un’adeguata barriera tra sè e l’esterno.

Se egli si intrattiene telefonicamente, virtualmente o fisicamente con una o più persone, può far penetrare troppo dentro di sè troppi problemi, aspettative, condizionamenti esterni. E ai tempi di internet, questi input possono essere parecchi.

E dopo i 35 anni è inevitabile che quasi ogni donna single che riuscirai a trovare avrà dentro di sè una bella fetta di risentimenti, nevrosi, ferite che tu avvertirai. Magari in modo impreciso, nebuloso, astratto, ma spesso le avvertirai. E solo per il fatto che le avverti, puoi essere considerato in qualche modo complice e correo di questo background (Tu Sapevi, Tu Sapevi!), cosa che invece non viene assolutamente richiesta al non empatico, sempre ignaro di qualsiasi cosa vada al di là del proprio pisello.

Sebbene una media empatia sia giusta e salutare, alcuni di noi ne hanno un pò troppa. Hai presente l’inizio di Profondo Rosso dove la medium che tiene una conferenza viene quasi sopraffatta dai pensieri perversi dell’assassino presente in sala? Ecco, una cosa del genere.

Voci, vite, immagini esterne ti entrano un po’ nella capoccetta, e senza una schermatura adeguata iniziano a prendere spazio, quello spazio che normalmente dovrebbe essere monopolizzato dall’ascolto verso noi stessi che per giunta, abbiamo anche un bel pò di cazzucci nostri a cui pensare.

Un aneddoto sull’empatia

Per spiegare meglio cosa intendo, riporto un aneddoto che ho vissuto qualche anno fa. Ero in autobus: dietro di me c’era un ragazzo autistico che ripeteva ossessivamente numeri di targhe automobilistiche. Più avanti invece c’era una persona con qualche altro problema mentale, che…si schiaffeggiava da sola.

I due soggetti erano empatici, e risuonavano tra loro come due diapason. A un certo punto è successo qualcosa fuori che non ricordo, sirene, clacson, rumori e macchine bloccate. L’autistico ha iniziato a ripetere sempre più ossessivamente i numeri di targa, con voce sempre più acuta ed esasperata. In risposta, il tipo seduto più avanti si schiaffeggiava sempre con più forza, arrivando a usare tutte e due le mani.

Era una situazione di follia, e obiettivamente anche io iniziavo ad avvertire una forte inquietitudine sentendo queste nevrosi in crescita riempire l’autobus.

L’esperienza è tutto

Non ci sono soluzioni vere e proprie per modificare la nostra sensibilità e la nostra apertura verso l’esterno. Oggi le persone molto empatiche sono state addirittura categorizzate come Persone Troppo Sensibili. Dato che trovo sia una caratteristica comunque molto bella e preziosa, non occorre tentare di estirparla ma semplicemente usare molto l’esperienza per gestirla in modo meno destabilizzante.

Con l’esperienza si riesce a catalogare meglio chi abbiamo di fronte, a prevedere le reazioni in base a nostre azioni, a ed etichettare la sua cartella psicotraumatologica: brillante, piacevolmente estrosa, eccentrica, pazzariella, disturbata, malata di mente, figlia illegittima di Charles Manson, possibile emula di Lorena Bobbit e così via.

Tracciando il quadro, nel confronto con l’altra persona freniamo l’empatia pura e iniziamo a metterci due parti di esperienza, e una parte di empatia. In questo modo non attingeremo solo alle tante sensazioni, vibrazioni, percezioni che capteremo in tempo reale (e che possono in alcuni casi essere sapientemente manipolate) ma sfrutteremo anche quel bagaglio fisso di conoscenze acquisite che non richiede tutto lo sforzo appena descritto per essere elaborato.

Il bagaglio ci dirà immediatamente: Persona di tipo A, con situazione di tipo B, di fronte a una reazione C probabilmente si comporterà in modo D. Più la nostra esperienza sarà ampia, e più le nostre etichette saranno precise e ricche di sfumature, e i nostri errori saranno meno probabili.

Non sto dicendo di diventare delle macchine da computazione precognitiva, ma solo di inquadrare chi ci sta di fronte in base all’esperienza, anche col rischio di generalizzare un po’, piuttosto che impegnarci a comprenderne la personalità ogni volta attraverso un forte flusso empatico: una porta che è meglio lasciare socchiusa invece che spalancata ai venti del mondo esterno.

Perchè se i venti sono caldi, dalla tua porta entrerà un gradevole tepore, ma è assai più probabile che fuori sia freddo, e troppi spifferi possono raggelare la casa che con tanto impegno stai provando a riscaldare.

Un finale aperto

E’ un po’ triste per me scrivere questo, perchè sono uno che se l’è giocata sempre fino in fondo in queste cose e chi mi conosce lo sa. Ma in questo momento va così: attendete con ansia un futuro post dove smentirò tutto e inviterò di nuovo a dar retta pienamente al nostro pazzo pazzo istinto. Vi prometto che arriverà!

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